mercoledì 13 aprile 2016

Intelligenza Emotiva

Il senso comune individua nell’intelligenza un significato puramente ascrivibile ad abilità logico-matematiche; per esempio, su di esse sono basati i test per valutare il Quoziente d’Intelligenza (QI). Lo psicologo Howard Gardner, sulla base di dati di derivazione neuropsicologica, distingue invece tra dieci diverse forme dell’intelligenza, derivanti da strutture differenti del cervello e quindi discriminabili da un punto di vista neuroanatomico. Ho già avuto modo di parlarne in passato (qui), per cui mi interessava esaminare un discorso ulteriore.


Lo psicologo Daniel Goleman ha proposto di aggiungerne un’ulteriore espressione, ovvero quella dell'intelligenza emotiva. Con essa intende la capacità di monitorare i sentimenti propri e altrui e di usare i primi per guidare il pensiero e l’azione, di gestire le emozioni proprie e altrui, in particolare quelle avverse, scindendole dai comportamenti. È quindi stata definita come l'abilità di percepire, valutare ed esprimere un’emozione, l'abilità di accedere ai sentimenti e/o crearli quando facilitano i pensieri, l'abilità di capire l’emozione e la conoscenza emotiva, l'abilità di regolare le emozioni per promuovere la crescita emotiva e intellettuale.
Le sue caratteristiche fondamentali sono: autoconsapevolezza (capacità di produrre risultati riconoscendo le proprie emozioni), dominio di sé (capacità di utilizzare i propri sentimenti per un fine), motivazione (capacità di individuare il vero motivo che spinge all'azione), empatia (capacità di sentire ciò che provano gli altri, entrando in un flusso di contatto), abilità sociale (capacità di stare insieme agli altri cercando di capire le dinamiche tra le persone).
Le emozioni si dividono in primarie (tristezza, stupore, gioia, disgusto, rabbia e paura) e complesse, che sono invece una loro combinazione. 
L'uomo nasce già imprintato a esse (l'imprinting sono quei comportamenti appresi per osservazione): gli studi di cinesica, ovvero di linguaggio del corpo, hanno infatti evidenziato che sono comuni a tutte le culture. Si parla spesso di emozioni positive e negative, mentre sarebbe piuttosto preferibile parlare di emozioni gradevoli e sgradevoli, perché l'importante è imparare a gestirle, mai invece reprimerle o annullarle: le emozioni sono infatti estremamente preziose, in quanto danno informazioni sull’ambiente che ci circonda.


Quindi quella di saperle gestire è una vera e propria competenza, composta da una componente di carattere personale (il modo in cui controlliamo noi stessi attraverso l’autoconsapevolezza, riconoscendo le emozioni e il modo in cui queste hanno influenza su di noi) e da una componente di carattere sociale (che racchiude capacità comunicative, leadership, gestione dei conflitti, problem solving e abilità decisionali).

"Quello che molti ignorano è che il nostro cervello è fatto di due cervelli. Un cervello arcaico, limbico, localizzato nell’ippocampo, che non si è praticamente evoluto da tre milioni di anni a oggi, e non differisce molto tra l’homo sapiens e i mammiferi inferiori. Un cervello piccolo, ma che possiede una forza straordinaria. Controlla tutte quelle che sono le emozioni. Ha salvato l’australopiteco quando è sceso dagli alberi, permettendogli di fare fronte alla ferocia dell’ambiente e degli aggressori. L’altro cervello è quello cognitivo, molto più giovane. È nato con il linguaggio e in 150mila anni ha vissuto uno sviluppo straordinario, specialmente grazie alla cultura." (Rita Levi Montalcini)

6 commenti:

  1. In realtà i cervelli sarebbero tre, visto che c'è anche quello rettile che regola i comportamenti istintivo-ritualistici.

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    1. Sì, in effetti si tende a considerare il cervello diciso in tre in base allo sviluppo evoluzionistico: il cervello rettiliano, il sistema limbico e la neocorteccia.

      P.S. = Chiedo scusa per il ritardo nella risposta, ma ho avuto una settimana davvero intesa.

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  2. A parte il commento qui sopra di Ivano che mi ha terrorizzata o.O interessante l'approfondimento!

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    1. Ancora non mi era capitato di vedere qualcuno correggere un premio Nobel per la Medicina. :)

      P.S. = Chiedo scusa per il ritardo nella risposta, ma ho avuto una settimana davvero intensa.

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  3. Direi che la mia competenza nel gestire le emozioni risenta molto della componente di carattere personale: ho molto autocontrollo, l'altra volta ti ho detto che non so mentire, quando devo celarmi dietro qualche bugia, invece so farlo molto bene quando non voglio fare capire quale tipo di emozione mi sta attraversando: non sono, come suol dirsi, un "libro aperto".

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    1. Il fatto è che non si mente solo con le parole, ma anche col viso, con gli occhi, con le mani, con la postura, col tono della voce, con le inflessioni, con il lessico, con la scelta delle parole...
      Ma non tutti sono bravi ad accorgersene, altrimenti i rapporti sociali sarebbero molto più complicati di quanto già siano. :)

      P.S. = Chiedo scusa per il ritardo nella risposta, ma ho avuto una settimana davvero intensa.

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